martedì 14 agosto 2012

Lorod non morirà


Lorod non morirà, non oggi. Non morirà finché troverà da mangiare. Finché i frutti cadranno dagli alberi e finché troverà qualche resto di cervo o di pecora nei bivacchi tiepidi della sua tribù. A volte gli lasciano degli ossi con ancora tutta la carne intorno. Sa come trovarli, i bivacchi. Basta sapere dov’è diretta la tribù e seguirne le tracce a distanza. I Trod si stanno dirigendo verso il lago salato lungo il fiume grande e il canyon delle pecore e delle capre selvatiche. E poi lui era un Trod e conosce tutte le abitudini della sua tribù. Lo è ancora ma qualcosa è successo e non lo vogliono più con loro. Li può solo seguire. Questa è la legge. Tutta colpa di Cranir che gli ha rubato Manda.
Lorod desiderava la bella Manda. Glielo aveva pure detto sulla collina dietro quei due monti di là:
“Manda, la mia bocca cerca la tua bocca come la bocca del capo cerca la carne. Quando ti vedo non so resistere e mi devo buttare nelle acque fredde del fiume.”
Lei lo aveva guardato negli occhi e aveva risposto:
“Anche io mi devo buttare nel fiume quando vedo te ma Cranir mi ha detto ieri che sua bocca cerca la mia bocca come la bocca del capo cerca la carne e non voglio dispiacergli.”
Quando le cose stanno così esiste una sola soluzione: la lotta. Lorod andò da Cranir e gli disse che lo sfidava nella lotta per avere Manda. Cranir era un Trod coraggioso e forte. Una fumata nera gli uscì dalle narici. “Come, tu Lorod, figlio di Pis il vigliacco, osi sfidare me? Vuoi diventare scheletro?”
“Sarò io a far diventare scheletro te!” rispose Lorod.
Ora che la sfida fu accettata i due contendenti valutavano le proprie possibilità rispetto a quelle dell’avversario. Cranir era alto, forte e i peli neri ricoprivano tutto il suo corpo mentre Lorod aveva delle vistose chiazze nude sulle spalle dove il pelo non era mai cresciuto. Per questo non era sicuro di vincere contro Cranir. Così si rivolse alla vecchia Bruga. Bruga gli disse:
“Non puoi vincere contro uno tutto ricoperto di peli. Se non li avesse vinceresti tu…”
“Ma lui ce li ha!” rispose Lorod.
“Ora ce li ha, ma se dormisse troppo vicino al fuoco e s’incendiasse? I peli sparirebbero e tu vinceresti contro di lui”, suggerì la vecchia Bruga.

A notte fonda tutti dormivano adagiati uno accanto all’altro intorno al fuoco acceso. Qualcuno grugnì. Uno si girò e si grattò. Allora tutti si girarono e si grattarono. Cranir dormiva vicino al fuoco ma non tanto da finirci sopra e incendiarsi. Poi Lorod non solo lo sentì scoreggiare ma vide pure uscire dall’ano del nemico una lunga fumata gialla. Tutti scoreggiarono. Allora Lorod si ricordò di Brur, che una sera molto fredda aveva scoreggiato troppo vicino a una torcia accesa. Era come se un fulmine fosse uscito dal suo corpo e avesse distrutto la foresta di peli che abbellivano la parte alta delle sue cosce lasciando al suo posto una radura rosa di pelle nuda. Finché i peli non furono ricresciuti Brur non fu più capace di nulla, neanche di spostare i sassi o i tronchi degli alberi per sedersi vicino al  fuoco.
Lorod sapeva che cosa doveva fare: bastava avvicinare qualche pezzo di legno all’ano del suo rivale e lui, come Brur, avrebbe fatto il resto. Si alzò, attizzò il fuoco, lo alimentò e spinse un pezzo di legno nella giusta posizione ma non tanto da lasciar capire che qualcuno l’avesse fatto intenzionalmente.
Tornò a dormire. Sognava di vulcani e  fuochi di foresta quando fu svegliato da un boato. La tribù aveva scoreggiato all’unisono, Cranir aveva preso fuoco e era corso immediatamente a spegnersi nell’acqua gelida del fiume vicino. Quando ne uscì aveva un’enorme chiazza rosa intorno all’ano. Nessuno osò ridere.
Lorod, che ora era sicuro di vincere, sorrideva beffardo. Cranir si avvicinò e gli fece questa proposta:
“Perché non ci battiamo quando mi saranno ricresciuti i peli? Così non posso combattere e non sarebbe giusto che perda in questo modo”
“Mi dispiace”, rispose Lorod ma non posso aspettare per avere Manda. All’alba ci batteremo!” E tornò a dormire. Sdraiandosi a sua volta troppo vicino al fuoco…

All’alba i due contendenti erano ad armi pari: nessuno dei due aveva più peli intorno all’ano. Fu una lotta tra culi rosa che fu decisa dal caso. Lorod scivolò su un sasso del fiume procurandosi un forte dolore alla gamba. A malapena riusciva a stare in piedi. Urlò: “Cranir, hai vinto, ma ti prego non farmi scheletro!” Cranir  che si rendeva conto di non essere capace di fare scheletro neanche una capra legata a un palo gli rispose: “Il vincitore ha facoltà di fare scheletro il perdente o di bandirlo. Lorod, sei bandito dalla tribù!”
 E fu così che Lorod lo zoppo fu condannato a seguire i suoi mangiando i resti che qualcuno, o qualcuna, forse Manda, pietosamente gli lasciava. 

lunedì 13 agosto 2012

Le strisce pedonali

Mettiamoci un attimo nei panni di questo povero padre di famiglia oristanese che una notte di agosto decide di portare la sua piccola tribù a Torregrande, così, tanto per farsi un giro. Si mette al volante della sua Hyundai Matrix comprata a rate e si inoltra in viale Repubblica non oltrepassando, come prescritto dalla segnaletica, i 50 km/h. Dopo la rotonda eccolo arrivato sul ponte, poi all’altra rotonda, sul rettilineo fino a Torregrande e infine al passaggio pedonale proprio davanti alla pizzeria di fronte alla torre. Il pedone che camminava sul marciapiede di destra fa una virata  improvvisa sulle strisce costringendo l’autista a una frenata non eccessivamente brusca perché, ovviamente, andava tra 1 e 2km/h. Proprio mentre l’autista sta per ripartire, un cugino del pedone miracolosamente scampato alla morte fa esattamente come lui e decide di tagliargli la strada. Nuova brusca frenata dopo esattamente 20 centimetri a una velocità di 0,000000001 km/h. Quello guarda male l'autista e urla al pirata della strada. L'autista riparte, percorre 10 centimetri esatti. Sbucato dagli angoli più bui della zona, un terzo pedone, fratello o cugino dei primi due candidati suicidi, riesce finalmente a farsi investire. La folla si ammassa. Una folla di parenti, tutti cugini o fratelli fra di loro. Arriva la polizia. L'autista, protetto dalle forze dell'ordine, evita di misura il linciaggio. Sviene. Arriva l’ambulanza. Ha un infarto al pronto soccorso. Ma presto recupera. La settimana seguente ordina dagli Stati uniti una sorta di rastrelliera metallica che fa montare sulla sua macchina: si tratta del famoso spazza mucche che si metteva un tempo nella parte anteriore della locomotiva dei treni per appunto spazzare le mucche che si fossero fermate sui binari.
Rieccolo a Torregrande fermo davanti ai pedoni che lo guardano con aria di sfida. Questa volta si mostra più sicuro di sé: centimetro dopo centimetro riesce a mettere le gomme anteriori sulle strisce pedonali. I pedoni non demordono e formano una muraglia umana tipo Gerico, poi, vedendo che la Matrix va  comunque avanti, optano per la formazione a tartaruga. Niente da fare. La Matrix guadagna terreno. Le gomme posteriori sono alla loro volta sulle strisce pedonali. Arrivano i rinforzi. Non è più una muraglia. È una montagna di fratelli e cugini che cercano disperatamente di fermare la Matrix. Stavolta le cose si mettono male. La macchina sembra non procedere più. E se improvvisamente si rompesse la cinghia di distribuzione? Se rimanesse senza carburante? “Non cedere!” gli dice una vocina. No, non cederà. Mai.
Tre ore dopo, alle 2:45, è dall’altra parte. Giusto in tempo: parcheggia, si asciuga la fronte e da lì si gode lo spettacolo delle stelle cadenti.