lunedì 10 settembre 2012

Emiliano

L’ho sempre detto: di certa gente non ci si può proprio fidare. Lo sapevate voi che Emiliano si chiamava Zapata? Quando l’ho saputo mi è venuto un colpo. Stavo frugando in mansarda tra la mia roba dismessa da secoli quando eccola qua, una vecchia fotografia che non avevo mai visto prima: Emiliano insieme a Pancho coperti di cartucciere. Non c’era da sbagliare: si trattava della stessa persona che ho frequentato per anni senza avere mai nessun sospetto. Ci sono rimasto di un male! È vero, crediamo sempre di conoscere la gente con cui viviamo fino a quando, un bel giorno, si rivela per quello che è. E come Emiliano ce ne sono tanti, credetemi.
Vi ricordate di Adolf, quello basso con i baffetti? Scommetto che ignorate chi era.

sabato 8 settembre 2012

Il ciclo infernale dei calzini

Uno si chiede: “Ma come fanno gli altri a non ritrovarsi ogni volta nel cassetto del comò quei vecchi calzini bucati o quelle mutande slavate? Ma che cos’è? La maledizione della mummia? È possibile che ogni santa mattina mi debba mettere quella roba là? Eppure non passa una settimana, o al massimo un mese, che non compri un paio di calzini e di mutande nuovi!” Cerchiamo perciò di analizzare questo singolare fenomeno, limitandoci al ciclo infernale dei calzini, per capire meglio dove tutti noi sbagliamo. Ho detto bene: tutti noi.

È la mattina di un giorno qualsiasi della settimana  e dobbiamo recarci al lavoro. I minuti come al solito sono contati. Questo significa che se decidiamo di prendere un secondo caffè o di vedere le previsioni del tempo alla TV abbiamo il ritardo garantito, con annesso il capo imbufalito con orologio da polso gigante. Usciamo dal bagno con addosso l’accappatoio o l’asciugamano grande intorno alla vita, apriamo il cassetto e… afferriamo i primi calzini che ci capitano sotto mano. Sono proprio quelli che avevamo deciso mille volte di buttare perché più che a dei calzini rassomigliano a delle mitaine, che sarebbero i guanti senza le dita che mette la Littizzetto, solo che noi ce li mettiamo ai piedi. No, quelli no! Primo errore: anziché andare rabbiosamente alla pattumiera, che guarda caso, sta sotto il lavello di cucina e non in camera, rimettiamo candidamente i calzini bucati nel cassetto promettendoci di buttarli al nostro ritorno dal lavoro. E prendiamo allora il secondo paio di calzini che ci capita: quelli sportivi con la scritta che stranamente, nonostante i secoli, si può leggere ancora.
Secondo errore: al ritorno dal lavoro ci buttiamo affamati sulla pasta fumante e ci dimentichiamo completamente dei calzini, i quali si salvano per l’ennesima volta.
Terzo errore: rieccoci in bagno per un’altra abluzione. Ci siamo tolti le scarpe, la camicia, insomma ci dobbiamo solo levare l’intimo, calzini compresi. Che facciamo, corriamo in mutande in cucina a sbarazzarci dei calzini slavati e pluribucati? Certo che no: li prendiamo e li affidiamo al portabiancheria o li depositiamo nel cestello della lavatrice che sta là a bocca aperta. Vengono poi rilavati, ristesi e risistemati amorevolmente nel nostro cassetto. Tutto qui.
Della scritta volevate sapere? Va bè, ve lo dico: nei miei calzini c’è scritto “Italia 90”.