martedì 24 agosto 2010

La mia estate con Fuffy



I soldati impugnano la spada, gli eserciti espugnano le roccaforti, al 33 via dei Ginepri si spugna il baccalà. Un forte odore di fritto si diffonde poi nell’aria, aleggia oltre le case, oltre la reception, la piscina, i campi da tennis e da calcio, oltre le siepi, oltre i limiti del villaggio-vacanze, oltre la strada, investe in pieno le narici di un gatto affamato, che tende il collo, chiude gli occhi, segue quei sentori come si segue la musica, trova cibo, amore e dei nomi, perché Fuffy si chiama Fuffy solo a casa nostra mentre più in là sarà Rusty, Miki, Cicci, Pompon, Tigre, Puffy, Bijou, Joujou, Molly, Micio, tutti nomi da gatto, cosa che Fuffy probabilmente non è.



Ormai è trascorsa una settimana e tutti conoscono Fuffy. Tutte le mattine si ferma davanti a ognuna delle 128 case del villaggio-vacanze. Vi trova ogni volta un piattino di plastica con circa 100 ml di latte. La sera, nuovo giro ma il piattino contiene invariabilmente 50 grammi di pasta e 50 grammi di carne o di pesce. Per semplificare diciamo 25 grammi di carne e 25 grammi di pesce. La stagione turistica del villaggio va da fine maggio a fine settembre per un totale di 119 giorni. In quell’arco di tempo possiamo calcolare che al gatto Fuffy vengono presentati 128 X 100 ml di latte al giorno, ossia 12,8 litri che per l’intera stagione diventano 1523,2 litri, quindi 297,5 chili di carne, 297,5 chili di pesce e 595 chili di pasta: quasi quanto il rifornimento di una nave da crociera per una settimana.



Ma a lui sembra non bastare mai. Fuffy guarda i bambini negli occhi, che diventano vitrei e inespressivi, poi, compiaciuto, osserva la successione degli eventi: i bambini si voltano, si dirigono verso casa, entrano, aprono il frigorifero e si trasformano in ladri. Uscendo mentono pure alla mamma. E sono fette grandi di salame, dei filetti di merluzzo, di platessa o di pangasio. Lo fa anche con i grandi ma per poco tempo, quello di portargli un quarto di bue, un pesce spada, un’orca assassina. Fuffy non mangia. La mascotte del villaggio non mangia mai. Tutt’al più assaggia.



Eh, no! Così non si fa! In via degli allori i nuovi arrivati stanno facendo il gioco sporco. Non hanno ancora disfatto le valigie che già impanano e friggono le alici. E’ normale che Fuffy stia lì e non da noi! Le alici fanno una puzza che se non ci stai attento ti ritrovi in casa tutte le cornacchie, i corvi, i gabbiani, i gatti e i topi oltre alle formiche e gli scarafaggi del circondario. Speriamo che commettano l’errore di fargli prima assaggiare un’alice fritta e poi di offrirgli un piattino con le teste e le lische, così non ne mangia. Detto fatto. Ma come si fa! Neanche nei cartoni animati i gatti mangiano le teste e le lische dei pesci!

“Fuffy, vieni!”

Fuffy viene.

“Insalata di polpo?”

Sì, insalata di polpo.



Che strano, finora nessuno si è chiesto “ma dove dorme Fuffy?” Il bimbo del 5 via delle Brughiere sicuramente no. Lo sa benissimo che dorme in camera sua nonostante il divieto, prima assoluto poi sempre più blando, dei genitori. Il bimbo del 6 se ne accorge e subito dichiara: “Micio vuole bene a me!”

“Prima di tutto,” replica il rivale, “non si chiama Micio ma Rusty e lui vuole bene a me!”

“Ah, sì?”

“Sì!”

“Allora chiediamolo a lui a chi vuole bene!”

“I gatti non parlano!”

“Noi abitiamo uno di fronte all’altro. Lo mettiamo in mezzo: se viene da te, vuole bene a te, se viene da me, vuole bene a me. Ci stai?”

“Ci sto!”

Fuffy viene messo nella terra di nessuno tra le due case poi i due contendenti indietreggiano fino alle rispettive terrazze.

“Micio!”

“Rusty!”

“Micio!”

“Rusty!”

Fuffy guarda a destra e a sinistra ma non si muove. Lo chiamano a lungo ma il gatto sta fermo lì. I bimbi cominciano allora a entrare e uscire da casa portando ogni volta in terrazza dei bicchieri e dei piattini di plastica colmi di ogni prelibatezza: una bistecca ai ferri, delle polpette al sugo, una frittata di cipolle, un dentice, un’orata, delle anguille, una razza, un calamaro gigante, un mostro del Lock Ness, un prosciutto san Daniele. I frigoriferi vengono svuotati, le dispense saccheggiate, le cambuse messe a ferro e a fuoco.

Fuffy, che vuole bene sia all’uno che all’altro, non tocca niente e semplicemente se ne va.



“Fuffy non c’è più! Se n’è andato via!”

I bambini piangono quando non vedono più Fuffy. Da via delle mimose a via delle Rose, da via del Mirto a via dei Corbezzoli, sono sospiri, pianti e lacrimoni disperati. E’ lutto cittadino, è mesta litania. Fuffy non c’è più, se n’è andato via.

Hanno smesso di cercarlo, non lo chiamano più. Per ogni evenienza, per remota possibilità, i bambini tornano in cucina e davanti ai genitori ammutoliti davanti al loro dolore, che non si oppongono più, chi sceglie un muggine, chi del salmone, chi del capitone marinato, chi anelli di calamaro, portano le loro offerte fuori in terrazza, davanti alle porte che lasciano socchiuse, rivolgono lo sguardo al cielo e vanno a nanna mormorando una preghiera.

“Mamma, Fuffy è tornato!”

I bambini ridono quando torna Fuffy. Da via della Mimose a via delle Rose, da via del Mirto a via dei Corbezzoli, sono risa, sospiri e lacrime di gioia. E’ festa cittadina, è grande allegria. Fuffy è tornato e non andrà mai più via.



A pensarci bene Tigre non è un nome da gatto e neanche tanto adatto a una femmina. Così la bimba di via delle camelie vedendo il gatto, la gatta ormai, dietro un cespuglio di mirto, mentre allatta i suoi gattini. E’ deciso, si chiamerà Bella. Per i gattini è troppo presto per dare loro un nome ma ci penserà più tardi.

E’ l’unica persona del villaggio a sapere che Fuffy è una femmina e per ora decide di mantenere il segreto. Niente da lei trapelerà, neanche un vago accenno, lo giuro giuro giuro se io parlo sono spergiuro. Perché poi tacere una cosa del genere? Ma che segreto è? Non sa darsi una risposta ragionevole ma le piace tanto l’idea di avere un segreto tutto per sé, specialmente ora che Tigre, Micio, Rusty o Fuffy che sia è nuovamente dato per disperso. Mentre gli altri bimbi portano i piattini in terrazza lei porta il suo dietro il cespuglio. Che bello essere l’unica persona nel villaggio a sapere della gatta e ad accarezzare i suoi gattini! Ma un tale segreto è un terribile fardello che le sue gracili spalle non sono più in grado di sostenere.

“Tigre è femmina!” dice alla mamma.

“No, Tigre è un maschio, te l’assicuro!”

“E invece è una femmina. L’ho vista con i gattini!”

Accompagna la madre perplessa fin dietro il cespuglio.

“Vedi che è femmina!”

“Ma quella non è Tigre! Eccolo Tigre!”

Il gatto che tutti cercano se ne sta tornando dalla sua famiglia. Dalla bocca penzola un’aringa affumicata da cui emana un forte odore di putrido. La posa delicatamente davanti alla sua femmina e divide con lei il pasto serale.

Tanto fa, tanto insiste la bimba che la madre si reca in paese e torna con quindici chili di aringhe affumicate. Domani, ci potete scommettere, butteranno via il frigorifero.



Le vacanze sono finite per Giulio il bimbo del 30 via delle Ortensie. Domani va via e non vedrà più Fuffy. Bussa a casa di Francesco il suo vicino.

“Mi raccomando”, dice, “dategli da mangiare. Miki va matto per lo sgombro al naturale. Ti ho portato le cento scatolette che ha comprato la mamma. Se mi aiuti un attimo… Per un po’ dovrebbero bastare ma dopo ci dovrete pensare voi.”

“Stai tranquillo,” risponde Francesco, “Cicci non morirà di fame. La mamma ha già comprato venti chili di baccalà e in più abbiamo i venti chili che ci ha lasciato Andrea che se n’è andato la settimana scorsa.”

“Voi quando ve ne andate?”

“Il 21.”

“Allora dovrete trovare a chi lasciarlo come ho fatto io.”

“Non ti preoccupare, conosco uno che va via il 28. Lo lascerò a lui.”

“E assicurati che abbia da mangiare.”

Le settimane passeranno e il gatto Fuffy, partenza dopo partenza, sarà affidato alle famiglie che ancora resteranno e ogni volta verrà consegnata, oltre al gatto, un'abbondante scorta di viveri per la sua sopravvivenza. L’ultimo ad andarsene sarà quello del 21 via dei Cicas il quale non potrà fare altro che lasciarlo al custode, un certo Ernesto. Lui non va mai via. Vive là. Stiperà in casa il resto di 128 frigoriferi e di altrettante dispense più il cibo comprato a ogni partenza. Saranno tonnellate e tonnellate di aringhe affumicate, sardine, alici, muggini, bottarghe, sarde, salmoni, orate, dentici, baccalà, sgombri, polpi, seppie, merluzzo, razze, mangiatutto, burride liguri, anguille, sogliole, palombi, cernie, rombi, spigole, pesci gatto, cane e spada. Ma poi si ricorderà di tutti gli animali che vengono abbandonati lungo le strade, nelle vie delle città, dei paesi, gatti, cani che nessuno vuole, che nessuno accarezza e nutre più. Riempirà una cesta per volta e, seguito da Fuffy e la sua famigliola, se ne andrà per san Teodoro, per Budoni, per le vie di Olbia, a ricomporre il suo esercito di soldati affamati a cui per un po’, per troppo poco, farà dimenticare le mani indegne di chi un tempo li coccolava.

Giulio dà un’ultima carezza al gatto e tristemente se ne va. Fuffy lo guarda mentre s’allontana ma è subito distratto dalle promesse di un allegro rumore di piatti.

mercoledì 4 agosto 2010

Campo di battaglia

Il nostro elicottero, un Agusta A129 Mangusta, si era appena addentrato in territorio nemico. La nostra missione consisteva nel distruggere le postazioni avanzate segnalate da un nostro pilota spia. Un obiettivo a quando pare molto importante per le sorti della guerra. A missione compiuta li avremmo costretti alla resa e in poche settimane saremmo tornati tutti quanti a casa. Da lì a poco avremmo scritto la storia. A bordo del velivolo c’era un piccolo campione d’Italia con un napoletano, un sardo, un friulano, un siciliano e io che sono abruzzese, un po’ come in certe barzellette, solo che lì si faceva sul serio.


Chi soldato non è ignora che uno degli effetti della paura è che la tua mente, specialmente nei momenti di massima tensione e del maggior pericolo, riesce a portarti in dimensioni paradossalmente opposte rispetto a quanto si sta vivendo. I miei soldati parlavano niente meno che di roba da mangiare, di come le loro mogli cucinano, dei pranzetti che avrebbero preparato al loro ritorno, delle forchettate di spaghetti al sugo, delle frittate di cipolle…

Mentre sorvolavamo un campo sul quale pascolavano pacifiche alcune pecore magre, Spissu, il sardo, s’esclamò: “Ma qui è pieno d’asparagi!” E tutti a scrutare il suolo. “E’ vero!”, gli fece eco il napoletano.

In men che si dica si paracadutarono tutti sul campo e, senza neanche ripiegare il loro paracadute, si misero a cogliere gli asparagi.

La missione fallì e i miei compagni furono catturati. Questo è quello che so e quanto ho riferito ai miei superiori.

Domani partiamo in missione di soccorso e nell’elicottero ci saranno un napoletano, un sardo, un friulano, un siciliano e io che sono abruzzese.