Avessi detto "moscone", avrei capito, ma non l'ho detto, e se l'ho detto non me lo ricordo.
lunedì 10 novembre 2008
Il bue rosso
Il bue rosso sta per i fatti suoi, tra i suoi simili, in un prato talmente verde da non sembrare reale. Il bue è maestoso. Il suo mestiere è di essere maestoso come il Gennargentu, di guardarvi come dal fondo del suo impero mentre voi, una macchina fotografica digitale da due soldi in mano, riuscite a malapena a reggervi su un muro a secco alto quanto i suoi garretti. Dovreste venire qui dove mi trovo ora nell'altipiano di Abbasanta a vederlo! Vi assicuro che è impressionante. Prima di tutto il quadro: ai miei piedi, le pietre di lava nera che mi concedono soltanto un equilibrio precario. In fondo, le vecchie querce preposte al fresco. A destra, un abbeveratoio enorme nel quale specchiarsi e lasciare lunghe scie di bava. Nel pascolo, il bue, che mi fissa. E smettila! Buona notte! Tutta la famiglia si volta a guardarmi! Che succede ora? Ecco, lo sapevo che qualcosa sarebbe accaduto. Vi risparmio i dettagli, ma la famiglia bue rosso all’unisono fa i suoi bisognini… Che dico bisognini: quelli sono dei bisognoni! Mamma mia quanta! Se quello grosso lì non fa un passo avanti finisce seppellito… E guardatemi quell’altro! Lo sapevate voi che anche i buoi la fanno a spruzzi? Ma che è? Ora state esagerando… Non azzardartevi ad avvicinarvi, e tu non ti voltare! Nooo! E che cavolo! Me la compri tu una maglietta nuova adesso? Ma, dico io, proprio quando vi stavo per immortalare nel vostro ambiente naturale, voi così imponenti, così solenni! Siamo seri per una volta ragazzi, almeno per una foto… Che faccio vedere ai miei colleghi in ufficio domani? Ho bisogno di quella foto… Lo so che non dovrei preoccuparmi dei colleghi: loro neanche mi cagano… Sapete che vi dico? Avete ragione voi e quasi quasi accetto la sfida. Volete la guerra? L’avrete!
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