Sotto le lenzuola, il bimbo sussurrava alla sua mano, il bullecco, appena udibili dal bullecco stesso, delle misteriose parole in una lingua sconosciuta. Era una triste conversazione tra lui e la sua mano destra in un tetro e buio dormitorio all’ora della ronda e della preghiera che precede il sonno. “Mamma…”, “Non c’è la mamma!”, “Dov’è andata?”, “Non lo so. La bambina ti ha dato la mano oggi?”, “Oggi no, ieri… Non avevamo voglia di giocare e siamo rimasti a guardare”, “Attento, la ronda!”
I sorveglianti circolavano a passi felpati tra i letti cercando di sorprendere chi facesse finta di dormire. Avvertì dei passi furtivi e forse un leggero spostamento d’aria proprio vicino al suo letto. Si erano appena fermati all’altezza della sua testa, immobile sul cuscino. Un fascio di luce filtrò attraverso la coperta e il lenzuolo perciò cercava di respirare regolarmente perché era soprattutto dal respiro che s’accorgevano se facevi finta o dormivi davvero. Passarono pochi interminabili secondi che sembrarono convincere la ronda. I passi si allontanarono alla ricerca di povere anime disperate che non riuscivano a darsi pace. Una la trovarono. Si sentirono gli schiaffi e dei pianti soffocati, poi di nuovo un silenzio di preghiere.
“Perché non c’è la mamma?”, “La mamma vuole che tu rimanga qui, poi un giorno verrà a prenderti. Stai tranquillo. Prometti di non piangere?”, “Va bene prometto…”, “Dimmi, poi che cosa avete fatto con la bambina?”, “Niente, siamo rimasti a guardare gli altri che giocavano mentre mi dava la mano. Poi sono arrivati i sorveglianti e l’hanno portata via. Lei piangeva perché non voleva lasciarmi. L’hanno picchiata… Loro sono cattivi, cattivi…”, “Attento, la ronda!”
Questa volta toccò a lui: “Alzati !” Il bimbo si mise in piedi fingendo un’espressione addormentata e sorpresa. Erano i due sorveglianti, uno gli puntava la luce di una torcia elettrica in pieno viso. Non ci furono altre parole. Soltanto schiaffi.
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