Avessi detto "moscone", avrei capito, ma non l'ho detto, e se l'ho detto non me lo ricordo.
giovedì 13 dicembre 2007
Fiori di campo
Da piccolo avrei voluto portare dei fiori alla mia maestra ma ero troppo timido per osare. Aspettavo chissà quale spinta, chissà quale occasione. Le volevo portare dei fiori che avrei raccolto dal campo di fronte alla scuola. Un fiore giallo e poi anche un fiore viola, quei fiori piccoli che nessuno sa come si chiamano. I fiori dei campi mi sono sempre sembrati più belli delle rose o dei gerani che si mettono nei vasi. Lei mi avrebbe sorriso, ringraziato, forse anche baciato davanti a tutta la classe. Io sarei diventato rosso come un pomodoro ma avrei ricordato per tutta la vita le poesie che ci faceva imparare a memoria.
Oggi mi è preso così. Natale è alle porte, il freddo comincia a pungere il naso e le orecchie e a fare brillare gli occhi. C’è something in the air, un ritmo, quasi una canzone, un qualcosa che mi spinge oltre l’ultima casa della mia piccola città, che mi fa cogliere un fiore giallo e poco più in là un fiore viola. Mi presento alla sua porta. Suono al campanello. La vecchia maestra mi riconosce, mi bacia, arrossisco, prende i fiori e mi fa entrare.
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1 commento:
carinissimo. atmosfera sognante. il racconto va avanti a immagini, una dopo l'altra. mi è sembrato di vederlo quel bimbo arrossire davanti alla classe, con il cuore che batte a mille. :)
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