Avessi detto "moscone", avrei capito, ma non l'ho detto, e se l'ho detto non me lo ricordo.
sabato 20 novembre 2010
Il vecchio Luigi
Il vecchio Luigi ha un gemello, Gino. Si rassomigliano talmente tanto - fisicamente dico perché per il carattere sono l’esatto contrario l’uno dell’altro - che quando mi capita di incontrare uno dei fratelli per strada, per capire con chi dei due mi sono imbattuto devo guardare la moglie. Ecco, Luigi è quello senza. Sì, vive da solo. So che vuole vivere da solo. Una scelta di vita, la sua. Persino la sua casa, situata nel bel mezzo di un vigneto, sembra nascondersi sotto un pesante cappotto di edera e quattro enormi alberi di fico e desiderare la protezione di quel muro malandato interrotto da due cancelli coperti di ruggine. Il primo cancello, quello di sinistra, è talmente arrugginito che è diventato impossibile aprirlo. Inutile quindi sprangarlo o condannarlo come soltanto gli ingegnosi contadini solitari sanno fare. Un cartello di legno, legato alle sbarre con del filo di ferro, intima con una scritta dipinta a mano in lettere maiuscole: “VIETATO ENTRARE”. Personalmente, lo trovo perfettamente inutile quel cartello ma non ho mai avuto il coraggio di chiedergli una spiegazione. Ma a guardarlo bene, il muro, e neanche troppo attentamente, ti accorgi che addirittura un bambino, oppure una pecora smarrita o un ubriaco, lo potrebbero scavalcare senza la benché minima difficoltà. Il cancello di destra, impercettibilmente meno arrugginito dell’altro, regge un cartello gemello del primo nel quale si può letteralmente leggere: “Qui sì, che si può entrare. Firmato Luigi”. Che faccio, me ne sto fuori come uno scemo a guardare muri e cancelli e a leggere i cartelli o entro ad assaggiare il suo sempre ottimo vino rosso?
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