sabato 15 marzo 2008

La folle corsa della mattina

Che ora è? Non è possibile! Sveglia! Tutti in piedi! Calma, prima mi preparo un buon caffè. Ok, va bene, il latte per i bambini. Il bagno. Prima io! Sbrigati!. Intanto papà vi stira la camicia e il grembiule, i pantaloni te li stiri tu! Si può andare in bagno? Velocemente barba e tutto il resto. Vestirsi. E’ possibile che non abbia calzini da mettermi? Guarda bene nel comodino! Ma guardami questo che si è messo le scarpe a rovescio! Le chiavi di casa dove sono? Questa volta ti sei superata: riuscirà questo papà a trovare le chiavi di casa prima di uscire? Ma se ho guardato venti volte sul tavolo! Ah! Avevi ragione, erano lì! Sbrigarsi! No! Ma devi sempre fare la pipì quando stiamo uscendo? Lo zaino, non dimenticatevi lo zaino! Oggi c’è traffico sulla strada… Bravi bambini studiate e fateli neri i vostri insegnanti.
E voi a che ora vi accorgete di esservi messo le mutande di vostra moglie?

mercoledì 12 marzo 2008

Il minestrone

Nel pentolone finiva di bollire un bel minestrone dove i ceci la facevano da padroni. Il cuoco, paradossalmente magro, sembrava a momenti un druido nelle sue nebbie nordiche che rimescola un misterioso intruglio. Il vapore, che stratificava sotto il soffitto della cucina, decise di uscirne e di inondare l’intera mensa universitaria nella quale stavano per riversarsi gli studenti già disposti in una lunghissima fila che partiva dalla cassa e risaliva due rampe di scale sino al pianterreno. Ai primi studenti pervenne un odore più ricco di quello di partenza, come se questo avesse fatto la scarpetta ai muri da sempre abbelliti nella parte superiore e agli angoli da una spessa patina di muffa. Il primo della fila ipotizzò: “Minestrone con ceci e funghi.” Gli effluvi, che non volevano saperne di rimanere richiusi lì, si precipitarono per le scale, avvolgendo al passaggio scarpe e calze e impregnando loden, sciarpe e barbe.
L’ultimo della fila azzardò: “Minestrone con ceci, funghi, cavoli e tanto formaggio.”

sabato 8 marzo 2008

Amanda

Ad Amanda piace ondeggiare tra le nuvole. Le basta mettere una cingomma in bocca per estraniarsi dal nostro mondo ed entrare nel suo. Ne ha presa una blu, del colore del cielo, la mastica vigorosamente attingendone i sapori che lascia diffondere in bocca, nel naso e negli occhi. Ora che con la lingua e i denti ha ottenuto la forma e la consistenza giuste, la gonfia prudentemente, stando attenta a non farsela scoppiare in faccia scatenando le risate a denti stretti delle amichette. Ci riesce. E’ da una settimana che ci riesce. Davanti agli occhi c’è ora un pezzo di cielo, un enorme palloncino blu che guarda affascinata. La sensazione è bellissima. Si lascia trasportare dolcemente come in un sogno, i suoi piedi non toccano più terra, bye bye, Amanda vi saluta, ora è tra le nuvole con le amiche, oggi tutte col palloncino blu.
E la mamma che chiama: “Amanda, è pronto! A tavola!”
A Luciano, il fratellino, detto Lucifero, non sembra vero di vedere la sorella appesa lassù, trasportata oltre la siepe dalla stessa brezza che fa oscillare l'altalena. Appostato dietro una quercia raccoglie una ghianda e con una mano sicura arma la sua fedele fionda. Prende la mira, colpisce il palloncino della sorella e la guarda estasiato precipitare nello stagno.

giovedì 6 marzo 2008

Cos'ha chiesto ieri a mia figlia?

Il genitore stringeva forte il collo del professore Perra con una presa di judo che avrebbe fatto onore al vicino dojo. Il viso dell’insegnante era diventato rosso come un peperone mentre quello del genitore era verde di rabbia. Intorno a loro, incurante dei compiti in classe che ricoprivano il pavimento della hall dell’istituto commerciale, una folla di studenti in festa incitava con dei cori la bestia dai nari fumanti a finire l’uomo. Finalmente quello stronzo di geografia le stava prendendo! Per un attimo sembrò che il genitore sorridesse e si mettesse in posa come per una fotografia. Mostraci, O Achille, i pettorali e la tartaruga del tuo ventre possente! Ma fu un attimo soltanto. L’espressione del colosso fu di nuovo minacciosa come il tono della sua domanda.
“Cos’hai chiesto ieri a mia figlia?”
I testimoni della scena, che non volevano perdersi niente della conversazione appena iniziata, fecero un improvviso silenzio.
“Chi è sua figlia?”
“Vittoria Vacca, ecco chi è. Allora?”
“Non ho chiesto niente a sua figlia!” riuscì a protestare il prof.
“Ti do una sberla se non mi dici che domanda hai fatto ieri!”
“La scongiuro, signore Vacca, si calmi. I voti di sua figlia Vittoria non sono catastrofici nella mia disciplina… Non sono ancora sufficienti ma ci mette la buona volontà…”
“Non mi calmo no. Conto fino a tre. Se a tre non mi hai detto quale domanda hai fatto a mia figlia per meritare un cinque ti mollo un ceffone!” Poi ricordandosi che non sapeva contare chiese a una ragazza in prima fila di contare al suo posto. Contrariamente agli altri questa non sembrava affatto felice di assistere all’umiliazione del suo professore preferito. Era l’unico insegnante di geografia che le avesse fatto capire la differenza tra la tundra e la steppa. Allora, la tundra è la vegetazione tipica del… mannaggia, aveva ancora dimenticato!
“Giuri che non gli farà del male!” supplicò la ragazza.
“Non gli faccio niente ma tu conta!” ordinò Braccio di ferro. La ragazza cominciò a contare:
“Uno!”
Pausa.
“Uno e mezzo!”
Lunghissima pausa.
“Due!”
Tempio Pausania.
“Allora, me lo vuoi dire o no che domanda hai fatto a mia figlia?”
“Due e un quarto!”
Pausonia di Cesarea.
“Mi rispondi?”
“Due e mezzo!”
Pau…
“Ti do un cazzotto invece di uno schiaffo e ti faccio saltare tutti i denti!”
“Due e tre quarti!”
“Forse una domanda gliel’ho fatta. Ho chiesto, disse il prof, cosa mangiano nei paesi poveri come per esempio la Cecenia…”
“In Cecenia mangiano i ceci. Lo sanno anche gli asini”, affermò il genio. “E mia figlia cosa ha risposto?”
“I ceci, appunto!”
“L’avrei giurato! Ma cosa c’entrano i ceci con la matematica? Non sei tu l’insegnante di matematica?”
“No…”
Mentre usciva fischiettando dall’unico bagno della scuola dove c’era la carta igienica, il professore di matematica, conosciutissimo per i suoi leggendari “ighisi” e “ipisilon", sentì un braccio poderoso avvolgergli il collo…

martedì 4 marzo 2008

I foliti ignoti


Candidato: Posso vedere le mani?
Fabrizio Frizzi: Certamente! Si può avvicinare e ispezionare le mani del nostro personaggio misterioso se vuole…
Candidato: Dunque… pollice e indice della mano destra neri… Posso annusare?
Fabrizio Frizzi: Credo che non sia contro il regolamento e sempre che il personaggio misterioso non si offenda…
Candidato: Odore di limone… Posso vedere la lingua del personaggio misterioso?
Fabrizio Frizzi: Mi dispiace, ma penso proprio che questo non sia possibile…
Candidato: Peccato… Ho comunque una mezza idea.
Fabrizio Frizzi: Se vuole può usare gli indizi!
Candidato: Non ce ne sarà bisogno. Secondo me è il coltivatore di carciofi e confermo…
Fabrizio Frizzi: Per trentamila euro, Signor Sedda di Assemini è lei il coltivatore di carciofi?
Stacco musicale. Il candidato suda come un maiale – a proposito, sudano i maiali? – e incrocia le dita. La moglie in mezzo al pubblico si mordicchia, anzi si morde a grandi bistecche le labbra… Il tempo passa goccia a goccia, il candidato è una palla di nervi, il …
Personaggio misterioso: Fì, fono io i coltivatore di caccioffi…

lunedì 3 marzo 2008

Dove sono finiti i cinema di una volta?


L’ultima volta che sono andato al cinema prima dell’altro ieri era nel lontano… Insomma era per vedere un film di Ercole con Steve Reeves. I film di Ercole li ho visti tutti. E anche quelli di Maciste. I titoli suonavano più o meno così: Maciste contro l’impero, Ercole contro la Regina di Saba, Ercole contro Maciste. Forse uno non l’ho visto e credetemi me ne sono mangiato le dita fino ai gomiti: Maciste contro Maciste.
Ad ogni modo, in quel periodo i personaggi stavano nello schermo non in giro per il cinema. L’altro ieri sono andato a vedere un film al cinema dopo un’eternità. Mi hanno spiegato che con la stereofonia è “tutt’un’altra cosa”. Bene, il film era appena iniziato quando improvvisamente un treno bucò il muro di sinistra, attraversò il cinema e uscì dal muro di destra. Poi tutto è diventato surreale. Un personaggio stava masticando rumorosamente ma a me sembrava proprio che fosse il mio vicino di destra, poi quello di sinistra. Poi si è messo a parlare ma, strano, è come se fosse alle mie spalle, vicino al bagno del cinema. Tra l’altro si è anche sentito il rumore dello sciacquone. Mi direte che visto che stava da quelle parti tanto valeva approfittarne. Quando poi il telefono del commissariato si è messo a squillare ce n’è uno che non si è impedito di gridare “Ma andate a rispondere! Che cavolo!”
Per non parlare poi della figuraccia che ho fatto: quando un personaggio ha mollato la sua classica scoreggina tutta la sala ha guardato nella mia direzione. Ma non crederete per caso che sono stato io, no? Io di queste cose nei cinema non ne faccio. Poi Shrek è sceso dallo schermo e mi ha detto: “Stai tranquillo, amico, è il mio scherzo preferito”.