domenica 31 ottobre 2010

Quali potrebbero essere le origini europee della festa di Halloween?

Tra gli usi, i costumi e le leggende del nostre paese potrebbe aver dato origine alla festa di Halloween un’usanza dimenticata ma un tempo solidamente ancorata a Tretara, un paesino del Molise,oggi un mucchio di rovine tra le quali pascolano le pecore. A Tretara la vita era dura e spesso i prodotti della terra non bastavano per tutti. Certamente i giovani in età di matrimonio non avendo la possibilità di spendere non erano in grado di invitare tutti i parenti e gli amici che avrebbero desiderato. Così, per ragioni di economia, si decise che i giovani si sarebbero sposati in un solo giorno nell’anno, il 1 novembre, e che si sarebbe data una sola festa a cui avrebbero potuto partecipare tutti.
La notte del 31 ottobre i giovani maschi presero così l’abitudine di festeggiare assieme il loro addio al celibato. Ed erano notti brave in tutte le bettole e taverne di Tretara. In breve, tutti puzzavano di vino. Era però costume che questi giovani andassero ad augurare la buonanotte alle fidanzate e questo lo dovevano fare da sobri, o perlomeno sobri dovevano sembrare. Ed ecco che si diffuse l’uso di mangiare tanto aglio quanto si era bevuto vino, per neutralizzarne gli odori e non destare nell’amata nessun sospetto.
Halloween è nato così, tra l’aglio – pronunciato Allo – e il vino. L’insieme delle due parole è diventato prima “Allovin” poi, ma questa è un’altra storia, “Halloween”.

venerdì 29 ottobre 2010

Fedeltà o dipendenza?

Uno che rimane una vita fedele a una casa automobilistica e, attraverso questa, al proprio paese, si capisce. C’è l’alfista sfegatato, che, sentendosi in dovere di dare il suo contributo all’economia italiana, compra italiano, chi da sempre e nonostante la caratteristica ruggine ha avuto una Fiat, ma c’è anche chi compra straniero, come me, e si vota all’acquisto di Renault, Peugeot, Ford o Toyota. Io compro Lada: carrozzeria come non ne fanno più, motore rombante, volante, freno a mano. Ma una a marca di carta igienica, perché esserle sempre fedele? Non si sa neanche di che paese sia la carta igienica…

Tempo fa lessi che alcune note marche di sigarette aggiungevano qualche subdola droga nel loro tabacco al fine di aumentare la dipendenza dei consumatori. Lo stesso ho letto per alcuni prodotti alimentari destinati a cani e gatti: è possibile che per ragioni esclusivamente economiche le multinazionali della carta igienica aggiungano nell'impasto di cellulosa che successivamente riempirà il nostro carrello, poi il nostro portabagagli e infine finisce nel nostro miavetecapito, aggiungano dicevo una sostanza che, assorbita inconsapevolmente ogni volta che ci detergiamo, ci renda tutti come drogati e schiavi di quella marca? Come spiegare altrimenti che nei bagni dei supermercati la gente si sniffi senza ritegno i rulli di carta igienica con la scusa che è profumata e come rendere conto di quest’improvvisa passione per i multistrati? E lo spinello, siamo sicuri che la droga sia dentro e non sia invece costituita dalla carta igienica che sempre più spesso sostituisce le cartine?
Che faccio? Chiamo Le Iene o Striscia?

giovedì 21 ottobre 2010

Esercizio di scrittura creativa



L’esercizio di questa settima consiste nell’immaginare un normalissimo uovo, il suo guscio bianco e liscio, la sua forma ovale, al suo interno l’albume  e il tuorlo, e di trattenerne l’immagine il più a lungo possibile nella vostra mente. I più bravi ci riescono per ben dieci minuti, per voi cinque – sei minuti saranno più che sufficienti. Trascorso quel lasso di tempo, non indugiate oltre: prendete la penna e descrivete un coccodrillo.

martedì 12 ottobre 2010

Come scrivere un libro noioso?

Sapete com'è: in un pullman, magari durante una gita scolastica, s'alza uno e chiede ai presenti d'immaginare un deserto, così tanto per fare un test psicologico. Allora centovent'otto palpebre comprese le vostre e quelle dell'autista si chiudono contemporaneamente per fissare quel deserto. Solo che immaginare un deserto, almeno per quel che mi concerne, è la cosa più difficile che ci sia al mondo. Un po' d'erbetta spunta sempre qua e là, e ci sono i cespugli, secchi ma ci sono, e l'oasi senza il quale non c'è deserto, poi i cammelli e i dromedari, gli uomini del deserto, le carovane, Mosé col suo popolo, gli avvoltoi che oscurano il cielo, gli insetti... In meno di cinque minuti il vostro deserto diventa l'Avenue des Champs Elysées.


Scrivere un libro piatto, che non dica e non insegni nulla, un libro noioso, credo rientri nello stesso ordine di difficoltà. Ecco chiudi gli occhi e cominci a scrivere di niente. Bè, ci riesci benissimo, almeno le prime tre pagine. All'improvviso un'idea, una pessima idea che tenti di scacciare con tutte le tue forze perché troppo spassosa. Ma ritorna nella tua mente finché non cedi perché l'unico modo che hai di liberartene è di scriverla. La scrivi. Sperando ovviamente che le cose finiscano qui. Ma oggi non sei fortunato: ecco arrivare quell'altra cosa che se non la scrivi muori. E scrivi pure quella. E poi le idee affluiscono come dei beduini e tu non puoi fare altro che disporle sulla pagina nella speranza che non s'incontrino e facciano dei figli. Ma è proprio quel che succede. Il vostro libro si trasforma in quel che non avreste mai e poi mai voluto che si trasformasse: un orrendo capolavoro.



Ora vi chiedo: come scrivere un sano, noioso libro di trecento pagine da mettere nella libreria e non aprire mai?

sabato 9 ottobre 2010

Lo so...

Lo so, lo so che sei un coniglio immaginario e che ti ho inventato io, che davanti a me, in questo preciso momento, non c’è nessuno, che in ogni preciso momento non c’è mai stato nessuno. Lo so che parlo con te che non esisti e solo per me fingi di esistere.
Ma io… per te, esisto?