mercoledì 28 luglio 2010

Il blocco dello scrittore


Esistono delle maledizioni peggiori di quella di Tutankamon. La mia, per esempio. Come già sapete, ogni anno, ad agosto, il 15 agosto per l’esattezza, qualunque località di mare abbia scelto per trascorrere il ferragosto, ho le telecamere di Rai3 puntate direttamente sulle mie natiche. Sbucano così, all’improvviso, senza un motivo, out of the blue, proprio quando, più misteriosamente ancora, il mio enorme costume da bagno si trasforma in tanga. Io che prima di partire sono più che attentissimo a prendere i miei costumi giganti, quelli che mi fanno sembrare una medusa, mi ritrovo fatalmente in tanga. Eccole qua le telecamere! Mi seguono dappertutto, dal bagnasciuga a oltre le ultime boe, attente a ogni mio movimento e a ogni possibile via di fuga. Ci sono dei sub, dei sommergibili, che mi aspettano in acqua dal giorno prima, degli operatori che mi riprendono dall’elicottero. E sono delle dirette di almeno mezz’ora con zoomate e primi piani che non hanno bisogno di commento. Quando poi vengono a intervistarmi non parlano con la mia testa – perdonatemi la volgarità – ma con lui, il mio didietro. Il quale risponde! Nella sua lingua! E tutti ad ascoltare!

Ora firma degli autografi, scrive dei romanzi subito tradotti in venti lingue.

E io qui a prendermi la testa per una storia che non ne vuole uscire.

martedì 27 luglio 2010

Libri


Non dico di essere un tipo maniacale ma all’ordine ci tengo, almeno nella mia libreria. In alto e a sinistra ci sono i romanzi che ho già letto sistemati ben benino in una fila armoniosa. Sotto ho dei manuali di letteratura come i mitici Lagarde et Michard, i Lucarini e un’intera collana della Utet. Altrove, si trovano dei testi di storia, di tradizioni popolari, di filosofia, i dizionari, le guide… il tutto disposto per tema e soprattutto stando attento a non mettere vicini degli autori in conflitto.


Questo sino al mese scorso. Ora è il caos più totale. Trovo dei libri un po’ ovunque, un Sartre vicino a Cartesio, un Renan addossato al capitale di Marx, il Roman de la Rose a braccetto con il principe di Machiavelli. Alcune copertine sono staccate, altre sono morsicate come una mela. Le pagine hanno delle orecchie enormi o sono strappate. Qualche libro è precipitato a terra… E’ evidente che i patti e gli schieramenti non sono più quelli iniziali. Penso che sia scoppiata una guerra mondiale di cui non so leggere né il senso né la causa.

domenica 25 luglio 2010

Gli aeroporti e il vento



Ci avete fatto caso che più ci avviciniamo a un aeroporto più tira vento? Quando sull’autostrada vi trovate a oltre i venti chilometri di distanza ancora non si muove foglia ma quando entrate nel raggio d’influenza aeroportuale, quando comincia a spuntare all’orizzonte la torre di controllo, subito dopo il cartello “Forte vento laterale”, la vostra auto fa i conti con la prima raffica e la prima sbandata. Il paesaggio cambia radicalmente. Gli alberi non tendono più verso il cielo ma, piegati al vento di maestrale, rassomigliano a delle vecchiette chine sui loro bastoni, le case da anni non hanno più il tetto, quella V gigante nel cielo non sono uccelli migratori ma un volo di turisti in provenienza da Ciampino.

sabato 24 luglio 2010

Come avere salva la vita quando si cambia voce?

Non so voi ma io intorno ai tredici anni ho cambiato voce e per poco questo cambiamento non fu la causa della mia morte. E' accaduto d' estate durante una vacanza passata lontano dai miei. A dire il vero, più che di una vacanza si trattava di curare in montagna un leggero rachitismo che l’ olio di fegato di merluzzo, da solo, non era in grado di piegare.

Cambiai voce un po' a causa di una leggera bronchite ma soprattutto perché era semplicemente ora che succedesse . E' una di quelle cose antipatiche che ti fanno sembrare un' anatra sgraziata sia nella parola che nei movimenti che l' accompagnano. Pare che capiti anche a qualche ragazza e lì l' effetto è comico e tragico assieme. Le vacanze erano ormai terminate e me ne tornai a casa da solo, come un uomo, con la voce da uomo. Pensavo a quanto era bello tornare alle mie abitudini, ai miei affetti, alla mia casa... Entrai senza bussare, come sempre. Non vidi nessuno. Chiesi ad alta voce: "C'è qualcuno in casa?" Nessuna risposta.

Più tardi mio padre mi disse di non avermi riconosciuto, e neanche la mamma. Per lui ero un ladro che si era introdotto in casa, uno senza scrupoli che ci voleva rubare il niente che possedevamo.

Quando lo vidi, in camera, dopo lo sparo, aveva in mano il suo fucile da caccia, con la canna che ancora fumava e un espressione sulle labbra tra la paura e la gioia di rivedermi.

Fa male prendere il sole tutto in una volta?




Non sono mai stato esposto ai raggi diretti del sole. Tutta colpa di una pessima abitudine presa fin da piccolo quando mi rifugiavo sotto le gonne di mia madre. Un giorno, verso i quattro anni, decisi, tanto per cambiare, di farmi ospitare da una vicina di casa che già aveva un inquilino. L' ho cacciato in malo modo. Credetemi che allora, nonostante fossi minuscolo, mi facevo rispettare. Questo primo trasloco fu per me un' esperienza talmente forte che ricominciai il giorno dopo e i giorni dopo ancora. Là dove andavano queste signore andavo anch' io. Mi capitava di fare un intero giro della città e di rientrare tardi la sera. Col tempo ho allargato i miei orizzonti. Prendevo le gonne come si prendono i treni, passando dall' una all' altra come i viaggiatori saltano sulle coincidenze. Ho visitato paesi lontani senza curarmi delle dogane, ho appreso usi e costumi di strane popolazioni, ne conosco la lingua.

Ora che non sono più giovane non viaggio più.

La signora che qualche anno fa mi ha misericordiosamente accolto nella sua ombra ieri mi ha dato lo sfratto.

Il sole mi fa paura.

mercoledì 14 luglio 2010

Massargia Regna!



Quella domenica, a Cagliari, c’era quasi tutto il paese. Molti  erano arrivati col postale o il tassì, altri col treno o direttamente in macchina e qualcuno a piedi. Certo che è una bella tratta da Massargia a Cagliari ma se hai le gambe buone, conosci le fontane e parti il giorno prima ce la fai tranquillamente. Eravamo qualcosa come tremilacinquecento persone in Piazza Matteotti.


Tremilacinquecento persone per vedere il Massargia giocare contro il Cagliari di Gigi Riva e di Nené in una partita d’allenamento pre campionato nell’anno che doveva essere quello dello scudetto.

Cagliari, tutti la conoscono o dicono di conoscerla, ma quando vanno lì sembrano tanti bidduncus appena sbarcati in città, che poi è quello che sono realmente. Come c’era da aspettarselo, nessuno di noi ci era venuto prima e nessuno sapeva da dove cominciare. Ho chiesto a un tassista:

“ Mi dica, buonuomo, lo sa dove si passa per andare allo stadio Amsicora?”

Buonuomo ‘ddu narasa a mamma rùa bagassa” mi ha risposto quello come se lo avessi offeso con le mie parole.

“ A parte il fatto, ho risposto, che buonuomo si usa per gli uomini e che difficilmente mi verrebbe di chiamare mia madre così, ho imparato che se vuoi parlare con uno sconosciuto puoi rivolgerti a lui chiamandolo buonuomo e non su tziu come si fa da noi in paese. Non c’era bisogno che si arrabbiasse tanto ma se vuole essere chiamato su tziu io la chiamo su tziu...”

“Ma lascialo perdere che abbiamo cose più importanti da fare che stare appresso a gente così!” Maria Regina Porcu, moglie di mio cugino Carlo aveva ragione. Se davo retta a tutti quelli che mi parlavano male in una città come Cagliari mi facevano a macchiadura. Tremavo come la foglia di canna dai nervi ma ho lasciato perdere, per il bene suo ma anche per il bene mio perché come mi disse poi Maria regina, mi era già salito il sangue in testa. Dopo essermi calmato ho chiesto l’informazione a un vigile urbano il quale mi ha gentilmente mostrato la strada. In pratica Piazza Matteotti era vicinissima allo stadio. Bastava attraversare via Roma poi proseguire fino in fondo dopo il palazzo dell’Enel e eventualmente chiedere lì.

Potrebbe sembrare una cosa semplice per chiunque vive in città, persino per un bambino, ma per uno come me che vede pochissime macchine in un giorno, dieci, venti quando sono fortunato, e si trova all’improvviso davanti a tutto quel traffico di via Roma, a Cagliari, attraversare una strada come quella è una vera e propria avventura. Immaginate ora tremilacinquecento persone ferme sul marciapiede, paralizzate dal terrore, che si stringono l’uno all’altro, si tengono per mano, si abbracciano, si rimpiccioliscono, s’interrogano con lo sguardo, spaventati dal fracasso delle macchine, dei tram, dei postali stracolmi che partono e vengono dai paesi, un popolo intero che cerca di interpretare il semaforo che ha davanti, e il solito imbecille, perché altro non è, che si mette ad attraversare perché si è stancato di aspettare e tutti che lo seguono come fanno le pecore. E le frenate improvvise delle macchine, e tutti che suonano, e noi che cos’hai da suonare e, a poco a poco il coraggio ritrovato, in un brivido di fratellanza, e i nostri cori in risposta agli insulti degli automobilisti, e noi che ci mettiamo a ridere, a cantare e a ballare. Eravamo di nuovo una famiglia, un popolo.

Una volta sull’altro marciapiede mio padrino, coppai Corronca, estrasse un pennarello e sulla parte bianca di un cartellone della Rinascente scrisse: MASSARGIA REGNA!