martedì 10 giugno 2008

L’esiliato





Koronk era d’accordo. Koronk aveva un po’ esagerato e per questo è stato punito. Solo che è sempre vissuto dalla parte del sole e essere esiliato dalla parte buia del pianeta era troppo per lui. Dopotutto un troll è un troll e cose da troll deve fare: urlare, seminare il terrore e schiacciare ominidi. Di questo gli ominidi si devono convincere ma gli ominidi non ne hanno di cuore… Non ricordava come l’avessero portato dalla parte buia perché quando è successo dormiva profondamente sotto l’effetto delle possenti droghe dello stregone Malfug ma avrebbe scommesso una cena a base di code di drago che appunto sono stati proprio loro, i draghi, a portarlo, legato come un pacco, dalla parte buia del pianeta. Dal primo momento il suo unico pensiero è stato “come uscirne?” “Semplice, si rispose, basta camminare verso la parte del sole.” E così fece: camminò. Per non perdere l’orientamento fissava la stella più alta e più brillante della costellazione dell’Unicorno. Camminò a lungo, molto a lungo. Attraversava vallate, scalava montagne, guadava fiumi ma ancora non scorgeva all’orizzonte l’amato astro solare. Non si scoraggiava. Aveva davanti agli occhi i suoi diciassette fratelli e l’orto dove crescevano libere le zucche giganti e questo bastava a non fargli sentire la fatica. Ad un certo punto, ebbe l’impressione di trovarsi davvero nel suo orto. Distingueva nella fiocca luce dispensata dagli astri notturni i suoi contorni, le zucche... Solo che non poteva essere il suo orto perché non poteva stare lì, nella parte buia. A meno che… “Se questo è il mio orto, qui ci dovrebbe essere la mia casa con dentro i miei fratelli”. Si recò nel posto dove presumeva ci fosse la sua casa e la trovò. “Come è possibile? si chiese, non possono avere esiliato anche la mia casa!” Un troll si può esiliare ma una casa e un orto era sicuro di no. Decise che quella non era la sua casa e riprese la sua marcia. Camminò ancora più a lungo, seguendo la stella che non smetteva di fissare. Ben presto, ne era sicuro, si sarebbe di nuovo riscaldato al sole. Se non fosse che era in continuo movimento avrebbe sentito il freddo della parte buia. Forse sarebbe già morto. Ma camminava senza perdersi d’animo, camminava finché non ritrovò dei luoghi che gli erano familiari: la sua casa e il suo orto. Allora cominciò a capire. Il suo era un pianeta senza rotazione quindi se davanti a lui si trovavano davvero il suo orto e la sua casa significava solo una cosa: camminando imprimeva egli stesso il movimento di rotazione al pianeta. Aveva visto una cosa del genere nel piccoli meccanismi che usano gli ominidi per misurare il tempo: una piccola rotella riusciva a fare girare una rotella molto più grossa, esattamente come faceva lui camminando. “Ma allora, si chiese, gli altri come fanno per rimanere nella parte del sole?” “Semplice, si rispose, camminano tutti come me e quando mi fermo si fermano pure loro”. Rise, rise, rise e pianse…

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ehi! Non mi dire che quel Koronk è tuo?
Non mi dire che oltre le parole ti piace anche disegnare...

A proposito: che storia strana questa!