mercoledì 13 luglio 2011

Transformation


Espletate le formalità doganali, eccoci finalmente in aereo. Si sistemano i bagagli, si raggiunge il proprio posto e una volta seduti ci si lascia cullare da una dolce pluralità di voci. I genitori chiamano i figli, i figli i genitori, qualcuno chiede se il posto vicino al vostro è libero, uno ride, uno piange, uno impreca, uno parla più forte che non ti sento, un altro quanto tempo dura il viaggio, a che ora arriviamo o lo vuoi un biscottino. Il tutto nella vostra lingua, col vostro stesso accento e i vostri gesti. Si direbbe una numerosa delegazione o una piccola invasione barbarica. Solo le hostess si ostinano a parlare in inglese.
Si parte. I vicini parlano con i vicini, ci si scambiano dei consigli, dei trucchi, si impara un kit di sopravvivenza linguistica last minute: “How much”, “Mind the gap”, “Keep on the right” e “Way out”. E poi ognuno per conto suo. La signora davanti guarda estasiata dal suo finestrino, la persona con cui conversavi poco prima è sprofondata nel sonno, il vecchietto del primo posto sta russando. Si spengono voci, accenti, inflessioni e dialetti. Fuori le nuvole rassicuranti, dentro le hostess che chiedono “Any rubbish?”
A poco a poco il risveglio. “What time is it?, “keep your belt fasten”, "Ladies and gentlemen..." I bambini improvvisamente si chiamano John, jack, Jane o Mary. Le parole non hanno più la musica e il ritmo di prima. Ma come? Dov’è finita la ricetta del pesto alla genovese? Dov'è finito Totti? Parlatemi ancora di Berlusconi e del ponte di Messina. Voglio sentire la mia lingua…
Col cavolo che la sento! La delegazione o gli invasori di prima sono ora dei perfetti londinesi. Chi è dello Strand, chi del Chelsea, chi del Kensington. In ansia per quanto ti sta per accadere, recuperi i bagagli, ripassi la dogana e ti ritrovi solo che non capisci una cippa. Ad un tratto la salvezza: vedi uno che ha viaggiato con te. E’ della tua città. Ti sbrighi per raggiungerlo ma è già stato inghiottito dalla folla.

Nessun commento: