domenica 30 ottobre 2011

Parole militanti


Non sapevo che potessi arrivare a tanto, io che aprivo bocca stando attento alle parole che ne uscivano, io che le controllavo ad una ad una come le maestre di un tempo controllavano scrupolosamente le mani e le unghie dei loro alunni. E se una di loro mi sembrava sospetta, per la vaga assonanza o la possibile sovrapposizione di significati con una di quelle parole che la buona educazione repudia, non potendo cancellarla dalla mia mente, la toglievo di peso dalla frase, la mettevo in un angolo e la lasciavo in castigo come si faceva con i bambini monelli.
Ora queste parole me le ritrovo in prima linea a combattere i principi stessi che animavano il mio discorrere. Sorde a ogni richiamo sono diventate indomabili e sfuggono completamente al mio controllo. Mi sentiste! Sono parolacce, turpiloqui e oscenità. Non proferisco una frase senza offendere con tutta la volgarità di cui sono capace, non c’è una parola che non sia scurrile, indecente o scandalosa. E sentiste come le dico! Non tra i denti, timidamente e senza convinzione: sono declamate, coraggiose, militanti. Se le parole avessero dei piedi le mie indosserebbero gli scarponi dei militari.
Tutto è cominciato quella volta in cui chinandomi leggermente per compiere qualche operazione che ho ormai dimenticato, non ricordandomi di aver messo il cellulare nel taschino della camicia, questo mi è caduto nel water. Nonostante fui pronto a recuperarlo – non erano passati più di tre secondi – l’acqua era penetrata in tutti i suoi meccanismi interni rendendolo inservibile, a meno che… a meno che lo immergessi immediatamente nel riso e aspettassi il miracolo. Ci fu. Il riso aveva assorbito tutta l’umidità e mi permise di  parlare col mio vecchio telefonino come facevo prima. Non esattamente…
Voi credete che l’avere recuperato il mio cellulare dal cesso possa avere modificato in qualche modo l’argomento delle mie conversazioni?

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