venerdì 11 settembre 2009

I vecchi

Tre volte la settimana, verso le tre del pomeriggio, il sottoscritto infila la canadese e si reca seduta stante sulla pista ciclabile che per un tratto di circa tre chilometri accompagna il viale Repubblica verso l’argine del Tirso. La strada e la pista sono separati da una lunga aiuola nella quale cresce senza ritegno l’erba più strana e si accumulano le cose più inguardabili. Sulla sinistra, invece, dietro il muretto basso, si estendono dei campi, che per quanto cerchi di ricordare, non ho mai visto a "poboribi", come dicono i contadini delle mie parti, e cioè a riposo. Al momento, si vedono spuntare dei fili verdi che promettono gialle spighe di grano per il prossimo luglio. Io, che faccio? Sono su una pista fatta apposta per correre, corro. Davanti a me, a circa trecento metri, scorgo una figura familiare. Si tratta della sagoma grigia di una coppia di anziani che a modo loro non raggiungeranno mai la tartaruga. Camminano ma non vanno avanti. Il loro orizzonte è sì l’argine ma farebbe prima Cristoforo Colombo ad arrivare in America a nuoto. Lei si appoggia a lui e lui si appoggia a lei formando, assieme, una toccante emme maiuscola leggermente china in avanti, come un giogo, come se trainassero i loro anni o cercassero qualcosa per terra. In effetti, qualcosa la cercano. Lo dimostra la busta di plastica che si sono portati appresso. Per ora è vuota, ma so che al tramonto, o a notte fonda, con il favore della corrente, saranno arrivati all’argine e appena dietro l’argine faranno strage di cicoria e finocchio selvatico.

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